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Tissue, Gomma, Legno e Chimici: una guida pratica agli effetti del Regolamento EUDR sul Cleaning Professionale

Il Regolamento (UE) 2023/1115, noto come EUDR (EU Deforestation Regulation), è la nuova normativa europea che mira a garantire che i prodotti immessi sul mercato UE non contribuiscano a deforestazione o degrado forestale. Questa legge interessa varie materie prime (le cosiddette relevant commodities) e relativi prodotti derivati: legno, carta e derivati della cellulosa, gomma naturale, olio di palma, soia, caffè, cacao e bovini (carne e pellami). In pratica rientrano beni come legname e pannelli di legno, pasta di cellulosa e carta (escluse carte da riciclo o bamboo), pneumatici e altri manufatti in gomma, oli vegetali (palma), grani di soia e derivati, chicchi di caffè, fave di cacao e prodotti contenenti tali ingredienti (es. cioccolato), oltre a bestiame e pellami bovini. Il regolamento abroga la precedente normativa sul legno (EUTR) ed estende la tutela anti-deforestazione a queste nuove filiere. Di seguito analizziamo le ricadute sia per i produttori che per i distributori nel settore cleaning professionale, considerando tutti i segmenti rilevanti (macchinari, chimici, attrezzature manuali, carta/tissue, ecc.), con riferimenti normativi ufficiali e indicazioni operative pratiche.


Obblighi introdotti dall’EUDR e ambito di applicazione

Deforestazione zero e legalità: il Regolamento EUDR vieta l’immissione sul mercato UE o l’esportazione di prodotti che contengano o siano stati realizzati con le materie prime sopra elencate, a meno che siano certificati come “deforestation-free” e prodotti legalmente nel paese d’origine. In altre parole, l’operatore deve poter provare che nessuna parte della filiera ha comportato deforestazione dopo il 31 dicembre 2020 (data di cutoff fissata dal regolamento) e che la produzione rispetta le leggi del paese di origine (ad esempio normative forestali, diritti di utilizzo del suolo, diritti delle popolazioni indigene). Questi requisiti si aggiungono a quelli di tracciabilità e due diligence: ogni partita di commodity coperta dall’EUDR deve essere tracciata fino alla geo-localizzazione esatta delle aree di produzione (piantagione o appezzamento di origine), e per ogni lotto deve essere compilata una Dichiarazione di Dovuta Diligenza (DDD) prima dell’immissione sul mercato.


Operatori e trader: il regolamento distingue tra operatori (chi per primo immette il prodotto sul mercato UE, ad esempio importatori o produttori UE di materie prime) e commercianti (soggetti che acquistano e rivendono prodotti già immessi sul mercato UE). Gli operatori hanno l’obbligo di effettuare la due diligence completa e presentare la DDD tramite il sistema informatico centralizzato predisposto dalla Commissione. I trader a valle hanno obblighi semplificati: devono assicurarsi di non vendere prodotti non conformi e conservare per 5 anni le informazioni sui fornitori e acquirenti immediati, fornendole alle autorità in caso di controlli. In aggiunta, le grandi aziende distributrici devono raccogliere dai propri fornitori i numeri di riferimento delle DDD relative ai prodotti acquistati e utilizzarli nelle proprie eventuali dichiarazioni (ad esempio in caso di riesportazione). Le PMI distributrici devono almeno essere in grado di esibire alle autorità il riferimento alla DDD del fornitore su richiesta.


Tempistiche di applicazione: l’EUDR è entrato in vigore il 29 giugno 2023, ma grazie a un periodo transitorio aggiuntivo di 12 mesi concesso a fine 2024, gli obblighi si applicheranno dal 30 dicembre 2025 per le imprese medie e grandi, e dal 30 giugno 2026 per le piccole e micro imprese. Questo significa che le aziende del settore cleaning hanno ancora del tempo per adeguarsi, ma devono utilizzare il periodo transitorio per predisporre i sistemi di conformità. Fino a tale data resta in vigore, solo per i prodotti legnosi immessi sul mercato prima dell’EUDR, la precedente normativa EUTR.


Esclusioni: Sono escluse dall’ambito di applicazione le merci interamente prodotte con materiali riciclati o di recupero (che hanno completato il loro ciclo di vita). Ad esempio, carta tissue ottenuta al 100% da carta da macero o pannelli in legno riciclato non ricadono nel regolamento (mentre un prodotto misto nuovo/riciclato vi rientra per la quota di materiale vergine). Inoltre, il materiale di imballaggio usato esclusivamente per trasportare/proteggere altri prodotti non è soggetto a EUDR. Ciò rileva ad esempio per pallet, casse o scatole in legno usati come imballi di macchinari: se servono solo a supporto del trasporto, non richiedono propria due diligence. Sono infine esclusi i prodotti usati di seconda mano e i rifiuti.


Classificazione dei paesi per rischio: la Commissione UE classificherà i paesi (o regioni) di origine delle commodity in tre categorie di rischio (basso, standard, alto) tramite un apposito atto di esecuzione. Questo inciderà sull’intensità dei controlli: gli operatori dovranno comunque esercitare dovuta diligenza per tutte le origini, ma per le fonti a “basso rischio” saranno previste procedure più snelle (ad esempio requisiti informativi ridotti o controlli meno frequenti), mentre le importazioni da paesi ad alto rischio subiranno verifiche rafforzate delle autorità competenti. La lista preliminare dei paesi a basso/alto rischio è in via di definizione e sarà aggiornata periodicamente in base a tassi di deforestazione e robustezza delle misure di tutela forestale di quei paesi.


Impatti sul comparto produttivo del cleaning professionale

Le aziende produttrici nel settore cleaning dovranno valutare se i materiali e gli ingredienti utilizzati rientrano tra le materie prime regolamentate e adeguarsi di conseguenza. Vediamo le implicazioni segmento per segmento:


Macchinari per pulizia professionale (es. lavasciuga pavimenti, aspiratori)

Per i costruttori di macchine cleaning, l’EUDR ha un impatto indiretto ma da non trascurare. I macchinari in sé tipicamente sono composti da metallo e plastica (non soggetti a EUDR), ma possono includere componenti derivati da materie prime critiche. Ad esempio:

  • Parti in gomma naturale: ruote e pneumatici dei macchinari, guarnizioni, squeeges, cinghie di trasmissione, paraurti in gomma, ecc. La gomma naturale è esplicitamente regolamentata dall’EUDR. Un produttore che importa tali componenti (es. pneumatici grezzi, cinghie) da paesi extra-UE è un operatore per l’EUDR e deve condurre la due diligence su di essi, tracciandone l’origine (piantagioni di Hevea) e garantendo che la coltivazione non abbia comportato deforestazione dopo il 2020. Se invece il produttore acquista componenti in gomma già all’interno del mercato UE, dovrà assicurarsi che il suo fornitore abbia rispettato l’EUDR (ad esempio chiedendo conferma o documentazione della dichiarazione di dovuta diligenza del fornitore).

  • Legno nei macchinari: raro nei macchinari moderni, ma potrebbero esserci parti ausiliarie in legno (es. pannelli, casse di insonorizzazione, manici o supporti in legno su macchine particolari). Anche il legno rientra nel campo di applicazione. Pertanto, se un produttore incorporasse elementi in legno (o se li importa per assemblaggio), deve garantire che provengano da fonti deforestation-free e legali. In pratica molti costruttori eviteranno di utilizzare componenti in legno tropicale di provenienza incerta, privilegiando materiali alternativi o legno certificato FSC/PEFC (pur sapendo che una certificazione volontaria non sostituisce la due diligence, ma può facilitare la valutazione del rischio).

  • Olio di palma e soia: possono non sembrare collegati a un macchinario, ma alcuni componenti chimici come lubrificanti, fluidi idraulici o detergenti integrati potrebbero contenere derivati di olio di palma o soia. In genere i macchinari di per sé non contengono tali commodity, ma se un costruttore fornisce insieme alla macchina un detergente (es. una tanica di soluzione detergente per lavasciuga) dovrà verificare separatamente la conformità di quel prodotto chimico (vedi sezione chimici). Dal punto di vista del packaging, come detto, le casse di legno per spedire le macchine non sono soggette a EUDR se sono “materiale di imballaggio per supporto e protezione”. Tuttavia, i produttori dovrebbero assicurarsi di utilizzare imballi in legno legale (ad es. pallet con certificazione fitosanitaria IPPC), anche perché altri regolamenti lo richiedono.


Impatto operativo: Per i produttori di macchine, l’adeguamento all’EUDR richiede:

  • Mappatura dei componenti e materiali a rischio nel BOM (Bill of Materials): identificare tutte le parti che contengono gomma naturale o legno.

  • Qualora tali parti siano acquistate da fornitori extra UE, implementare un sistema per raccogliere dai fornitori le informazioni EUDR (origine della gomma/legno fino alla piantagione, certificati di sostenibilità, ecc.) e preparare le DDD relative a questi componenti importati. Ad esempio, un produttore che importa ruote o gomme dalla Asia dovrà ottenere dal produttore asiatico le coordinate delle piantagioni di caucciù da cui proviene la gomma.

  • Valutare il rischio: se i componenti provengono da paesi ad alto rischio di deforestazione, considerare azioni di mitigazione (come cambiare fornitore, richiedere materie prime certificate o provenienti da paesi a basso rischio).

  • Integrare nei contratti di fornitura clausole che obblighino il fornitore a garantire conformità EUDR e fornire i dati necessari. Questo è cruciale soprattutto prima della scadenza di fine 2025, per assicurarsi di poter continuare a importare componenti senza blocchi doganali.

  • Per componenti acquistati intra-UE, mantenere documentazione dei fornitori e delle dichiarazioni di conformità che attestino che, a monte, chi ha importato o prodotto quelle parti ha svolto la due diligence. In alcuni casi il produttore potrà richiedere al fornitore europeo il numero di riferimento della DDD presentata a sistema per quelle forniture, come previsto dalle semplificazioni per le filiere a valle.


In sintesi, pur non essendo le macchine da pulizia direttamente enumerate come “prodotti interessati” nell’Allegato I EUDR, i produttori dovranno gestire l’impatto sui componenti critici. La mancata conformità di un componente (es. gomma non tracciata) potrebbe infatti impedire o ritardare l’importazione del macchinario finito (ad esempio se le autorità in dogana rilevano la presenza di pneumatici non dichiarati in sistema EUDR, potrebbero bloccare la spedizione per verifiche). È dunque interesse dei costruttori implementare una filiera “EUDR-compliant” già in fase produttiva.


Prodotti chimici e detergenti professionali


Il segmento chimici per cleaning comprende detergenti, disinfettanti, cere, sgrassanti, ecc. Dal punto di vista EUDR, la sfida principale è la presenza di derivati di olio di palma o soia nelle formulazioni. Molti tensioattivi, emulsionanti e solventi organici usati nei detergenti industriali derivano infatti da olio di palma (o palmisto) e in minor parte da soia. Ad esempio, acidi grassi come acido palmitico, stearico, oleico e i loro esteri, glicerina, alcoli grassi e surfattanti come l’SLES (sodio lauriletere solfato) spesso provengono da piantagioni di palma da olio. Questi ingredienti di base sono elencati nell’Allegato I tra i prodotti rilevanti (es. palmitic acid, stearic acid – CN 2915; glycerol – CN 2905; acidi grassi industriali – CN 3823). Ciò significa che:

  • Un produttore europeo di detergenti che importa direttamente tali materie prime (olio di palma, derivati chimici del palma, soia) diventa operatore EUDR: deve effettuare la due diligence sulle materie prime importate, tracciando le piantagioni (es. le coordinate delle piantagioni di palma da cui proviene l’olio grezzo) e verificando che non siano su terreni deforestati dopo il 2020. Dovrà quindi presentare una Dichiarazione di dovuta diligenza per ogni lotto importato di questi ingredienti.

  • Se invece il produttore acquista gli ingredienti all’interno dell’UE (da trader o raffinatori europei), sarà il fornitore ad avere eseguito la due diligence a monte. Tuttavia, il produttore dovrà ottenere dal fornitore garanzie di conformità EUDR (ad esempio dichiarazioni scritte, certificati di sostenibilità come RSPO per l’olio di palma sostenibile, e possibilmente il riferimento della DDD del suo fornitore). Questo sarà importante anche per rassicurare i clienti distributori, i quali sempre più chiederanno ai produttori attestazioni che i prodotti sono conformi EUDR.

  • Molti produttori chimici nel settore cleaning potrebbero riformulare alcuni prodotti per eliminare materie prime problematiche. Ad esempio, c’è la possibilità di sostituire derivati di palma con alternative da cocco o sintesi petrolchimica (che non rientrano nel regolamento perché il cocco non è incluso e i chimici da petrolio non implicano deforestazione). Tuttavia, queste decisioni vanno ponderate rispetto a prestazioni e costi.

  • Anche i derivati del legno possono comparire nei chimici (es. solventi tipo turpentino da resina di legno, o etanolo da biomassa legnosa). Questi sono meno comuni nei detergenti moderni, ma se presenti e di origine extra-UE dovrebbero essere considerati (il legno e i suoi derivati come cellulosa, carta, ecc. rientrano, ma ad esempio l’etanolo da mais/cereali non è coperto dall’EUDR perché mais non incluso).

  • Imballaggi: i prodotti chimici sono spesso confezionati in flaconi plastici o fusti; gli imballi di carta o cartone (etichette, scatole) se immessi come parte integrante del prodotto non sono considerati separatamente (packaging esente). Tuttavia, se un produttore acquistasse cartoni o etichette fuori UE, tecnicamente starebbe importando carta, che è regolamentata. In pratica, conviene approvvigionarsi di packaging in carta all’interno dell’UE o da fonti certificate per evitare oneri di due diligence sul packaging.


Impatto operativo: I fabbricanti di chimica per il cleaning dovranno:

  • Analizzare la composizione dei propri prodotti e individuare quali ingredienti provengono da commodity EUDR (palma, soia, ecc.). Tipicamente, materie prime oleochimiche e alcuni additivi vanno mappati.

  • Per ciascuno di essi, mappare la filiera a monte: chiedere ai fornitori informazioni sull’origine (paese e piantagione). I grandi fornitori chimici internazionali probabilmente hanno già tracciabilità (molti seguono schemi di sostenibilità volontari). Sarà utile richiedere certificazioni come RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) o dichiarazioni No Deforestation da parte dei fornitori. Tali certificazioni non esonerano dall’obbligo di due diligence, ma possono essere utilizzate come elemento nel valutare e mitigare il rischio.

  • Aggiornare le schede tecniche e la documentazione per includere eventuali indicazioni sull’EUDR se richiesto dai clienti (ad esempio, alcune gare d’appalto pubbliche potrebbero iniziare a richiedere dichiarazioni di conformità EUDR per i prodotti forniti, analogamente a quanto avviene per altri criteri ambientali).

  • Pianificare la compliance doganale: se l’azienda importa direttamente ingredienti, entro fine 2025 dovrà essere pronta a presentare la Dovuta Diligenza nel sistema informatico e comunicare il numero di riferimento nella dichiarazione doganale di import. I reparti regolatori/doganali aziendali dovranno essere formati su questa nuova procedura, per evitare ritardi allo sdoganamento.

  • Per i prodotti finiti (es. detergenti finiti importati da fuori UE): va notato che l’EUDR si applica formalmente alle materie prime e ad alcuni derivati specifici elencati (olio di palma, acidi grassi, ecc.), ma non elenca categorie di prodotti finiti come i detergenti formulati. Ciò significa che un detergente importato (voce doganale 3402) che contenga derivati di palma potrebbe non richiedere una DDD autonoma, purché gli ingredienti di palma/soia al suo interno siano già stati oggetto di due diligence a monte. In pratica, però, questa distinzione è complessa da gestire: un importatore di detergenti finiti dovrebbe comunque pretendere dal produttore extra-UE le garanzie che gli ingredienti critici erano conformi EUDR. La Commissione sta valutando semplificazioni per “prodotti compositi”, ma l’approccio prudente per ora è considerare la due diligence sugli ingredienti critici ovunque essi compaiano.


In definitiva, il settore chimico dovrà sviluppare una maggiore trasparenza di filiera. Fortunatamente molte grandi aziende detergenza erano già impegnate in programmi di sourcing sostenibile (ad es. su olio di palma sostenibile) per finalità di responsabilità sociale; l’EUDR rende ora obbligatorio e strutturato questo impegno, con implicazioni legali in caso di non conformità.


Attrezzature manuali e accessori (mop, scope, panni, secchi, guanti, etc.)


Le attrezzature manuali per pulizie costituiscono un insieme eterogeneo di prodotti (es. scope e spazzole, mop e manici, panni, secchi e carrelli, segnaletica, guanti monouso, ecc.). Molti di questi prodotti contengono materiali regolamentati dall’EUDR:

  • Componenti in legno: ad esempio manici di scopa o mop in legno, strutture di spazzole in legno, aste o parti di utensili in legno. Il legno rientra tra le materie prime soggette e l’Allegato I include esplicitamente “corpi e manici di scopa o pennelli, di legno” (voce CN 4417). Pertanto, un’azienda che produce attrezzi manuali dovrà assicurarsi che il legno utilizzato (es. per manici) sia tracciato e deforestation-free. Se l’azienda importa manici o legname da fuori UE (es. manici in legno tropicale o dall’Asia), ricade come operatore EUDR su tali importazioni e dovrà fare due diligence (ottenere dal fornitore extra-UE le prove che il legno proviene da foreste non disboscate dopo il 2020, coordinate GPS incluse). Se invece acquista manici da fornitori UE, questi ultimi dovranno aver già garantito la conformità (in UE esiste già obbligo di origine legale e ora deforestation-free per il legno grazie all’EUDR).

  • Gomma naturale negli strumenti: in molte attrezzature troviamo parti in gomma – ad esempio le lame tergivetro dei lavavetri (in gomma naturale), le alette in gomma dei tergipavimento, ventose, guarnizioni, ruote di carrelli, e soprattutto guanti da pulizia in lattice. Il lattice naturale deriva dall’albero della gomma (Hevea) e rientra nel regolamento. L’allegato I comprende “articoli di abbigliamento e accessori in gomma vulcanizzata (inclusi guanti)” (voce ex 4015), così come “altri articoli di gomma vulcanizzata N.S.” (ex 4016). Questo copre la maggior parte degli articoli in gomma naturale. Dunque:

    • Produttori o importatori di guanti in lattice (ad es. guanti monouso da esplorazione usati nelle pulizie) devono garantire la tracciabilità del lattice fino alle piantagioni di origine. Molti guanti in realtà sono prodotti in Asia (Malesia, Thailandia…) e importati: chi li importa in UE è responsabile della due diligence sulla gomma. Sarà necessario ottenere dai produttori documenti sul sourcing della gomma (molti grandi produttori di guanti hanno certificazioni e tracciabilità, ma l’importatore UE dovrà verificarle e conservarle).

    • Produttori di attrezzi con parti in gomma (es. tergivetro) dovranno fare lo stesso per le lame in gomma se acquistate extra-UE. In alcuni casi converrà passare a materiali sintetici: ad esempio, alcuni tergivetro potrebbero usare gomme sintetiche (EPDM o neoprene) che non sono coperte da EUDR perché derivate dal petrolio, riducendo così il problema (a scapito però delle prestazioni, dato che il lattice naturale ha certe qualità).

  • Carta e tessuti cellulosici: alcuni prodotti manuali come panni o rotoli assorbenti possono essere in tessuto non tessuto a base cellulosa o carta (oltre che microfibra sintetica). Se un panno è di viscosa (rayon), va ricordato che la viscosa è ricavata da cellulosa di legno; tecnicamente quindi la cellulosa di partenza è soggetta a EUDR. Però i prodotti tessili non sono esplicitamente elencati nell’Allegato I a meno che non ricadano in codici legno/carta. In pratica, i produttori di panni in viscosa dovrebbero assicurarsi che la polpa di cellulosa provenga da fornitori deforestation-free (molti fornitori di viscosa sono già certificati). Se importano rotoli di tessuto non tessuto in cellulosa, dovranno fare due diligence sul legno di partenza (simile al caso tissue).

  • Altri materiali: cotone (per stracci o teste di mop) non è incluso nell’EUDR attualmente, quindi i prodotti in puro cotone non sono soggetti. Plastica, metalli, fibre sintetiche non derivando da materie prime agricole forestali non ricadono. Dunque secchi, strutture in plastica, fibre in PET/PP per scope, etc., sono fuori ambito.


Impatto operativo: Per le aziende di attrezzature manuali:

  • Supply chain del legno: se utilizzano legno (es. manici), dovrebbero preferire fornitori con legno certificato (FSC o PEFC) e richiedere dichiarazioni di conformità EUDR. Devono poter documentare per ogni lotto di legno il paese di origine e area di raccolta. Spesso i manici vengono da piantagioni (es. pioppo) o fornitori consolidati: è bene instaurare ora un dialogo con tali fornitori chiedendo le coordinate delle foreste di origine. Per importazioni di legno grezzo o semilavorato sarà obbligatorio caricare tali informazioni nel sistema EUDR e ottenere l’autorizzazione prima dello sdoganamento.

  • Gomma e lattice: gli importatori di guanti dovranno interfacciarsi con i produttori asiatici per ottenere la tracciabilità. Operativamente, potrebbe essere utile concentrare gli acquisti su fornitori con certificazione TFT/Rubber/Hevea o simili, che garantiscano zero deforestazione. In mancanza, si dovrà raccogliere manualmente i dati (coordinate piantagioni, prove fotografiche o satellitari che le piantagioni esistevano già prima del 2020, ecc.). Ciò rappresenta un onere notevole, quindi alcuni distributori potrebbero decidere di spostare gli acquisti su produttori europei (es. guanti in nitrile o lattice prodotti in Europa – sebbene pochi – oppure utilizzare più guanti in nitrile sintetico che non è soggetto a EUDR).

  • Documentazione e stoccaggio dati: per ogni lotto di prodotti in legno o gomma importato, occorrerà creare un file di due diligence contenente: nomi scientifici delle specie (per legno), quantità e valore, paese di origine, coordinate geografiche delle piantagioni/boschi, documenti che attestino il rispetto delle leggi locali e l’assenza di deforestazione (es. certificati forestali, immagini satellitari). Questa documentazione va conservata per almeno 5 anni e tenuta pronta per eventuali controlli.

  • Adattamenti di prodotto: aziende europee potrebbero lanciare linee di prodotti “EUDR-compliant” evidenziando l’uso di materiali riciclati (es. manici in legno riciclato o in plastica riciclata, tessuti in carta riciclata). Come detto, il materiale riciclato è esente dal regolamento, quindi usare materie prime riciclate semplifica molto la conformità. Ad esempio, un panno in tessuto non tessuto fatto al 100% di cellulosa da carta riciclata non è soggetto a restrizioni EUDR, a differenza di uno in pura cellulosa vergine.


Prodotti in carta e tissue (es. carta asciugamani, carta igienica, panni di carta, tissue monouso)


Questo è forse il segmento più direttamente coinvolto dall’EUDR, perché la materia prima legno/cellulosa è al centro del regolamento. L’Allegato I ricomprende tutti i prodotti dei capitoli 47 e 48 (pasta di legno, carta e articoli di carta), ad eccezione di quelli in bamboo o materiali di recupero. Ciò significa che:

  • Produttori di carta/tissue in UE: chi produce bobine di tissue, tovaglioli, rotoli asciugamani, carta igienica, fazzoletti, ecc., utilizzando polpa di cellulosa vergine, è tenuto a procurarsi polpa/legno deforestation-free. Molti cartieri italiani ed europei importano la polpa di cellulosa da paesi extra-UE (es. Sudamerica, Nord America, Russia in passato). D’ora in poi dovranno effettuare due diligence su queste importazioni di polpa: prima di importare, raccogliere dal fornitore le coordinate delle foreste da cui la polpa è ricavata, verificare (anche tramite mappe e sistemi satellitari) che quelle foreste non siano state disboscate dopo il 2020, e assicurarsi che il taglio fosse conforme alle leggi locali (permessi di taglio, diritti di uso, ecc.). Queste informazioni confluiranno nella Dichiarazione di dovuta diligenza che il produttore/importatore deve presentare al sistema EUDR. Solo dopo, la spedizione potrà essere sdoganata.

  • Un caso pratico: un’azienda cartaria italiana che importa polpa di eucalipto dal Brasile dovrà ottenere dal fornitore brasiliano i dati GPS delle piantagioni di eucalipto e la prova che il terreno era adibito a uso agricolo/forestale già prima del 2020. Inoltre dovrà verificare che l’azienda brasiliana fosse in regola con le normative locali (es. codice forestale brasiliano). Qualora vi sia anche solo rischio più che trascurabile che la fornitura sia associata a deforestazione illegale o recente, l’importazione non può avvenire. In tal caso il produttore dovrebbe cambiare fornitore o lotto.

  • Prodotti finiti importati: se invece un distributore importa prodotti tissue finiti (es. rotoli, tovaglioli) da fuori UE, assume il ruolo di operatore EUDR e deve presentare lui la due diligence. Dovrà quindi farsi dare dal produttore estero tutte le informazioni sulle fonti di cellulosa usate. In pratica, importare carta/tissue finiti comporta quasi lo stesso onere di importare la polpa: l’azienda importatrice deve risalire alle piantagioni originarie. Pertanto molti importatori valuteranno se continuare ad importare da paesi extra-UE (dove magari il costo è basso ma la tracciabilità forestale può essere complicata) oppure rifornirsi da produttori all’interno dell’Unione (che avranno già fatto la due diligence).

  • Prodotti compositi: a volte la carta tissue è parte di un prodotto più complesso (es. salviette umidificate: tessuto di cellulosa imbibito di lozione). In questi casi l’elemento carta segue le stesse regole – quindi il produttore/importatore dovrà occuparsi della cellulosa come sopra. Anche etichette di carta su altri prodotti, se importate separatamente, tecnicamente rientrano: ma se arrivano già applicate su un prodotto, sono considerabili packaging ed esenti. Conviene comunque assicurarsi di usare carta certificata anche per gli imballi.


Impatto operativo:

  • I produttori di tissue in Italia (che sono molti e importanti a livello europeo, specialmente nel distretto di Lucca) in larga parte hanno già schemi di certificazione forestale (FSC/PEFC) e tracciabilità. L’EUDR però richiede un passo ulteriore: la verifica attiva e documentata di assenza di deforestazione al 2020, non solo la legalità. Quindi gli acquisti di materia prima dovranno privilegiare fornitori in paesi considerati a basso rischio o fornitori che forniscano dettagli molto precisi. È probabile che i cartieri richiedano ai loro fornitori un impegno contrattuale a fornire solo fibra da piantagioni pre-2020 e a fornire tutti i dati necessari per la due diligence.

  • Alcune aziende potrebbero aumentare l’uso di fibra riciclata nella produzione (quando tecnicamente possibile), perché come detto il materiale riciclato è escluso dal campo di applicazione EUDR. Ad esempio, produrre carta dispenser asciugamani con una percentuale alta di carta da macero riduce la dipendenza da cellulosa vergine soggetta a due diligence. Ovviamente per certi prodotti (carta igienica alta qualità, fazzoletti) la fibra vergine è difficilmente eliminabile per ragioni di performance, ma sarà strategico comunicare l’uso di riciclato dove possibile.

  • Dal lato importatori/distributori di carta, dovranno attrezzarsi per richiedere ai fornitori esteri le informazioni EUDR. In mancanza di risposta adeguata, rischiano di non poter importare. Perciò, se non lo hanno già fatto, è fondamentale che inizino subito un dialogo con i fornitori internazionali spiegando che dal 2025 serviranno evidenze documentali rigorose. Importare da fornitori UE sarà più semplice: il distributore dovrà solo raccogliere dai fornitori UE i riferimenti delle loro DDD (es. un codice di dichiarazione) e conservarli. Questo perché la responsabilità principale in tal caso ricade sull’operatore a monte.

  • Tutti gli operatori del tissue dovranno inoltre coordinarsi con le autorità nazionali competenti (in Italia, il MASAF – vedi più avanti) per eventuali controlli. È consigliabile implementare un sistema di gestione interno (es. una procedura certificata tipo ISO Due Diligence) per essere in grado di esibire in qualsiasi momento alle autorità il dossier di tracciabilità di ogni lotto.


Impatti sul comparto distributivo

La distribuzione nel cleaning comprende importatori, grossisti e rivenditori di macchine, prodotti chimici, attrezzature e materiali di consumo (es. carta) per la pulizia professionale. Le ricadute dell’EUDR per i distributori dipendono principalmente dal ruolo nella catena di approvvigionamento:

  • Se il distributore importa direttamente prodotti o materie prime extra-UE coperti dall’EUDR, diventa un operatore ai sensi del regolamento e ha piena responsabilità di due diligence su quei prodotti.

  • Se invece acquista all’interno dell’UE (da produttori UE o importatori UE), è un commerciante (trader) e ha obblighi ridotti, ma dovrà comunque assicurare tracciabilità dei fornitori e cooperare con le autorità.

Consideriamo i principali segmenti:


Distributori di macchine cleaning

Molti distributori commercializzano macchinari prodotti da terzi. Se i macchinari sono fabbricati nell’UE, presumibilmente già conformi (il produttore UE avrà gestito le parti rilevanti). Il distributore dovrà solo conservare i documenti di acquisto e informazioni sul produttore. Se però un distributore importa macchine da fuori UE (es. un brand americano o asiatico non presente direttamente in Europa), occorre valutare se la macchina contiene commodity EUDR:

  • Come detto, la macchina in sé non è elencata nell’Allegato I, quindi non richiede di per sé una DDD. Tuttavia, se la macchina contiene componenti elencati separatamente (es. pneumatici in gomma naturale, parti in legno), spetta all’importatore assicurarsi che anche quelle componenti siano conformi. In pratica, l’importatore dovrebbe richiedere al produttore estero una dichiarazione che i componenti rilevanti (gomme, legno) sono tracciati e conformi, ed eventualmente farsi fornire copia della loro due diligence. Ad esempio, un distributore che importa da fuori UE un macchinario dotato di pneumatici in gomma potrebbe dover presentare una DDD per gli pneumatici stessi (voce CN 4011) al momento dell’importazione, perché sta di fatto immettendo pneumatici sul mercato. C’è ancora attesa di chiarimenti su come gestire prodotti complessi con parti EUDR: la Commissione ha pubblicato linee guida sui prodotti compositi, ma la regola generale è che le materie prime coperte non “sfuggono” al regolamento solo perché integrate in un prodotto più grande. Quindi è prudente per il distributore importatore presentare comunque la due diligence per quei componenti critici (magari con una singola dichiarazione cumulativa per i componenti EUDR contenuti nella macchina).

  • I distributori di macchine dovranno inoltre adeguare i contratti di importazione includendo clausole dove il produttore estero garantisce la conformità EUDR e fornisce tutta la documentazione necessaria. In mancanza di tali garanzie, il distributore rischia di vedersi respingere la merce in dogana o subire sanzioni se venisse accertato ex post che la macchina conteneva materiale non conforme.


In sostanza, nel segmento macchine la distribuzione è coinvolta soprattutto quando funge da importatore. Chi distribuisce solo marchi prodotti nell’UE dovrà comunque stare attento a non acquistare, nemmeno intra-UE, stock “irregolari” (ad esempio macchine usate reimportate con parti sostituite non tracciate). Ma il rischio è basso se ci si rivolge a costruttori noti.


Distributori di prodotti chimici

Molti distributori comprano detergenti concentrati, prodotti chimici per pulizia e li rivendono (talvolta rebrandizzati a marchio proprio). Se acquistano da fornitori UE, varranno le garanzie fornite dal produttore (che si sarà occupato degli ingredienti EUDR). Il distributore in tal caso dovrebbe:

  • Richiedere ai fornitori UE una dichiarazione che i loro prodotti rispettano il Reg. 2023/1115. Eventualmente raccogliere i riferimenti delle DDD dei loro fornitori per gli ingredienti (soprattutto se il distributore rivende con proprio marchio – private label – potrebbe essere considerato quasi un operatore).

  • Informare i clienti professionali: i distributori potrebbero iniziare a includere nei cataloghi o schede tecniche indicazioni tipo “Prodotto conforme al Regolamento UE Deforestazione 2023/1115, materie prime tracciate”. Ciò per rispondere a eventuali audit o bandi pubblici (i CAM – Criteri Ambientali Minimi – potrebbero in futuro includere requisiti di deforestation-free).

Se invece il distributore importa prodotti chimici finiti (non materie prime, ma prodotti formulati) da fuori UE, la situazione è quella descritta prima: formalmente potrebbe non esserci obbligo di DDD sul prodotto finito, ma è altamente raccomandato che l’importatore:

  • Richieda al produttore estero tutta la documentazione EUDR sugli ingredienti (olio di palma, soia, ecc.) usati.

  • Valuti di presentare volontariamente (se tecnicamente possibile nel sistema) una DDD allegata all’importazione, almeno per dichiarare gli ingredienti critici e attestare che si è svolta la dovuta diligenza. Ciò darebbe maggiore sicurezza in dogana.

  • Nel dubbio, importare solo formulazioni senza olio di palma o soia potrebbe aggirare completamente l’obbligo. Ad esempio, un distributore può scegliere di importare una linea di detergenti “palm free” per non avere pensieri. Tuttavia questa è più una misura commerciale che normativa.

In generale, i distributori chimici dovranno instaurare un rapporto stretto coi produttori per ricevere garanzie. Potrebbero inoltre dover formare il proprio personale commerciale: i clienti potrebbero fare domande sulla conformità EUDR dei prodotti chimici forniti, quindi i distributori dovranno saper rispondere e fornire evidenze (fino a mostrare su richiesta le informazioni di filiera raccolte dal produttore).


Distributori di attrezzature manuali e consumabili

In questo caso, molti distributori fungono da importatori di articoli fabbricati fuori UE: es. guanti monouso in lattice dall’Asia, mop e scope economiche dalla Cina, panni e spugne da vari paesi. Quindi la conformità EUDR sarà una parte importante del lavoro import. Le azioni chiave:

  • Guanti in lattice: come già evidenziato, sono un prodotto ad alto rischio (filiera frammentata e spesso associata a deforestazione per piantagioni di Hevea). Un distributore che li importa dovrà ottenere dai produttori le informazioni sulle piantagioni. Se i fornitori non sono collaborativi o la tracciabilità risulta impossibile, il distributore deve valutare di cambiare fonte (es. passare a guanti in nitrile sintetico, che non hanno vincoli EUDR, oppure a fornitori in paesi come lo Sri Lanka dove ci sono piantagioni storiche). Va predisposta la DDD per ogni lotto di guanti importato, con tutti i dati richiesti. È possibile che, data la complessità, alcuni distributori decidano di ridurre i cataloghi di prodotti ad alto rischio o di affidarsi a importatori più specializzati. In alternativa potrebbero scegliere di acquistare guanti tramite importatori europei già conformi, diventando così semplici trader e scaricando su altri l’onere della due diligence (ovviamente col rischio di costi maggiori).

  • Mop, scope, carrelli: molti di questi prodotti vengono importati già assemblati. Il distributore importatore dovrà guardare dentro il prodotto: c’è legno? (manico, struttura) – se sì, va tracciato; c’è gomma? (ruotine, squeeges) – va tracciata. Probabilmente conviene chiedere al fornitore estero di certificare in fattura o nel contratto che “tutti i componenti in legno/gomma di questi prodotti sono conformi al Regolamento EU 2023/1115” e allegare eventuali certificati. In caso di dubbio, il distributore dovrebbe presentare una DDD coprendo tali componenti. Ad esempio, se importa 1000 scope con manico in legno e setole in plastica: potrebbe dover inserire nel sistema EUDR i dati sul manico in legno (specie legnosa, paese, geolocalizzazione bosco) come se stesse importando 1000 pezzi di legno codice 4417, perché di fatto li sta immettendo.

  • Panni in cellulosa/tissue: se un distributore importa panni o rotoli assorbenti da fuori UE (es. rotoli industriali da Turchia, Russia o altrove), anche qui deve occuparsi del legno di origine della cellulosa. Quindi casi assimilabili a import di tissue finito.

Insomma, per i distributori di forniture manuali, la chiave è il controllo dei fornitori esteri. Devono attivarsi subito con i partner extra-UE per spiegare che queste regole entreranno in vigore e che non potranno più accettare forniture opache. Alcuni fornitori potrebbero non essere in grado di adeguarsi (es. piccoli produttori in Paesi in via di sviluppo): il distributore dovrà allora trovare fornitori alternativi o passare per grossisti europei che garantiscono la compliance.

Dal lato logistico: quando l’EUDR sarà attivo, un distributore-importatore dovrà inserire in dogana, per ogni spedizione rilevante, il numero di riferimento della propria DDD EUDR. I sistemi doganali saranno collegati con la banca dati EUDR: se manca la dichiarazione o se il sistema la segna come “da controllare”, la dogana potrà bloccare la merce. Pertanto i distributori dovranno avere personale formato che, prima dell’arrivo della merce, carichi tutti i dati nel sistema EUDR e ottenga il reference ID da comunicare allo spedizioniere.


Come prepararsi: adempimenti pratici e sistema di due diligence

L’EUDR impone un approccio strutturato di due diligence ambientale. Di seguito una sintesi operativa dei passi che produttori e importatori del settore cleaning dovrebbero mettere in atto per assicurare la conformità:

  1. Mappatura dei prodotti e delle materie prime rilevanti: Fare un inventario di tutti i prodotti venduti o utilizzati che contengono relevant commodities. Identificare i codici doganali e verificare se rientrano nell’Allegato I EUDR. Ad esempio, individuare se nel catalogo ci sono: articoli in legno (cap.44), carta (cap.47-48), gomma naturale (cap.40), derivati palma/soia (vedi voci speciali in Allegato I), caffè (09), cacao (18), carne bovina/pelle (01,02,41). Per ognuno, segnare i fornitori e i paesi di origine noti.

  2. Valutazione del rischio iniziale: Per ciascun prodotto/materia prima, valutare il rischio di deforestazione:

    • Qual è il paese di origine? Ha un’alta deforestazione? (La Commissione fornirà liste di paesi a basso/alto rischio – consultare quelle appena disponibili).

    • Il fornitore ha certificazioni ambientali (es. FSC, RSPO) o politiche zero deforestazione? Se sì, il rischio è minore (ma non zero).

    • La commodity proviene da una piantagione oppure da foreste naturali? Le piantagioni (es. eucalipto, palma da olio) spesso hanno dati tracciabili, mentre il legname da foresta vergine è più critico.

    • Ci sono stati scandali o violazioni note legate a quel fornitore/area? (Il regolamento prevede di considerare anche violazioni di diritti umani connesse alla deforestazione).

  3. Coinvolgimento dei fornitori: Avviare una comunicazione formale con tutti i fornitori delle materie prime/prodotti identificati. Richiedere loro:

    • Di fornire le informazioni obbligatorie: specie (per legno), coordinate geografiche di produzione (latitudine/longitudine delle piantagioni o foreste), quantità e peso del materiale fornito, paese e data di produzione, conferma di legalità (licenze, permessi).

    • Di sottoscrivere impegni di no deforestazione dopo 2020. Se possibile, far inserire tali impegni nei contratti o ordini d’acquisto.

    • Documentazione esistente: certificati di sostenibilità, audit di terza parte, policy interne. Questi documenti saranno usati come prova per ridurre il rischio e vanno conservati.

  4. Implementare un Sistema di Dovuta Diligenza (DDS): come richiesto dall’art. 12 del regolamento. Questo sistema deve prevedere:

    • Raccolta informazioni: mantenere un database interno con tutte le informazioni raccolte per lotto/prodotto (come da punto 3).

    • Procedura di valutazione rischi: definire criteri per valutare se il rischio che un prodotto non sia conforme è “nullo o trascurabile”. Ad esempio, stabilire che se un fornitore fornisce coordinate + foto satellitari che mostrano nessuna deforestazione e possiede certificazione, il rischio è trascurabile; viceversa se qualche info manca o il paese è ad alto rischio, il rischio è non trascurabile.

    • Misure di mitigazione: stabilire azioni nel caso di rischio non trascurabile. Ad esempio: ispezione sul campo (difficile per PMI), richiesta di informazioni aggiuntive, cambio fornitore, riduzione volumi da quell’area, ecc. Il regolamento impone che l’operatore mitighi i rischi fino a portarli a livello trascurabile, altrimenti NON può commerciare il prodotto.

    • Approvazione/reiezione forniture: integrare nel processo di acquisto una checklist di autorizzazione ambientale. Nessuna spedizione “a rischio” dovrebbe essere importata finché il rischio non è mitigato adeguatamente.

    • Conservazione dei dati: archiviare tutti i record per almeno 5 anni e assicurare che siano disponibili per eventuali audit delle autorità.

  5. Preparazione della Dichiarazione di Dovuta Diligenza: la DDD è il documento (in formato elettronico tramite portale) che contiene un riassunto delle info (dettagli operatore, descrizione merce, quantità, paese origine, geolocalizzazioni, e la dichiarazione di avere svolto la due diligence e di aver trovato rischio nullo o trascurabile). Bisognerà:

    • Registrarsi sul Sistema informativo EUDR (la Commissione ha già rilasciato dei video tutorial al riguardo, disponibili sul sito dedicato).

    • Compilare la DDD per ciascun lotto di prodotti prima dell’importazione (o dell’immissione sul mercato, se produzione interna).

    • Ottenere il numero di riferimento della DDD e associarlo alla spedizione (nel caso di import, indicarlo nella dichiarazione doganale come richiesto).

    • Inviare la DDD alle autorità competenti attraverso il sistema e conservarne una copia firmata digitalmente. Nel testo della dichiarazione l’operatore dovrà formalmente dichiarare di aver esercitato la due diligence secondo il Regolamento e che il rischio è nullo o trascurabile.

  6. Formazione del personale e aggiornamento procedure interne: è importante istruire i team acquisti, qualità, logistica e legale sulle nuove procedure. Bisogna aggiornare le SOP (Standard Operating Procedures) per includere i controlli EUDR prima di confermare un ordine estero, o prima di spedire merce al di fuori UE (anche l’export extra-UE di questi prodotti richiede la DDD, specularmente all’import). Anche il personale commerciale deve sapere rispondere a clienti che chiedano garanzie sulla conformità EUDR.

  7. Monitoraggio continuo e audit: la due diligence non è una tantum. Il regolamento richiede un riesame almeno annuale del sistema di due diligence. Inoltre le circostanze possono cambiare (ad es. un paese finora a rischio standard può diventare alto rischio). Le aziende dovranno rimanere aggiornate su:

    • Aggiornamenti normativi e liste rischio pubblicate dalla Commissione.

    • Eventuali nuove linee guida o FAQ (la Commissione ha già pubblicato un documento di orientamento e mantiene un elenco di FAQ in italiano).

    • Esiti di controlli: in caso le autorità segnalino non conformità da parte di qualche attore nella filiera, questo va considerato un red flag e riesaminato il rischio.

    • Migliorare la tracciabilità: sfruttare strumenti innovativi, come database satellitari (l’UE sta sviluppando un Osservatorio sulla deforestazione per fornire mappe e dati alle aziende), e piattaforme di tracciamento blockchain, ecc., se utili alla propria filiera.


Sanzioni e responsabilità in caso di inadempienza

È fondamentale sottolineare che l’EUDR ha pieni effetti legali e prevede sanzioni severe per chi non si conforma. Ogni Stato membro dovrà stabilire sanzioni efficaci; il regolamento fissa però dei parametri minimi comuni:

  • Sanzioni pecuniarie: le multe devono essere proporzionate al danno ambientale e al valore della merce. La sanzione massima prevista non può essere inferiore al 4% del fatturato annuo totale dell’azienda (a livello di UE) dell’anno precedente. Ciò significa che, ad esempio, per una grande azienda con fatturato di 10 milioni €, la multa massima potrebbe essere almeno 400.000 € per ciascuna violazione grave. Le norme nazionali potranno prevedere importi anche superiori; l’importante è che sottraggano qualsiasi beneficio economico derivato dall’infrazione e aumentino progressivamente in caso di recidiva.

  • Confisca: le autorità possono confiscare i prodotti non conformi, impedendone la vendita, e anche i profitti ottenuti dalla loro eventuale commercializzazione.

  • Esclusione dagli appalti pubblici: un’azienda trovata in violazione grave o ripetuta può essere esclusa da gare pubbliche e finanziamenti pubblici per fino a 12 mesi.

  • Divieto temporaneo di attività: in caso di infrazioni gravi o ripetute, può essere imposto all’operatore un divieto di importare/vendere prodotti coperti dall’EUDR per un periodo fino a 12 mesi.

  • Altre misure: ad esempio sospensione del diritto di usare procedure semplificate (nel caso di grossi importatori che avessero accesso a semplificazioni, queste possono essere revocate).

  • Inoltre, gli Stati dovranno pubblicare i nomi delle aziende sanzionate e le violazioni commesse, in un registro pubblico – creando un danno reputazionale oltre che economico.


Le autorità competenti effettueranno controlli sia documentali che fisici. Nel caso di importazioni, come detto, ci sarà uno screening in dogana integrato: se un prodotto è segnalato a rischio, la dogana lo bloccherà in attesa che l’autorità verifichi la due diligence. Le aziende quindi rischiano ritardi e costi di stoccaggio se la documentazione non è in ordine. A regime, ci si aspetta controlli a campione su una percentuale di operatori ogni anno (il regolamento indica almeno il 5% degli operatori e almeno l’1% del volume di prodotti, con percentuali maggiori per merci da paesi ad alto rischio).

In caso di accertamento di prodotti non conformi (ad esempio si scopre che del legno proveniva in realtà da deforestazione post-2020), oltre alle sanzioni di cui sopra, l’operatore dovrà ritirare dal mercato a proprie spese i prodotti e affrontare possibili azioni legali.

Nota: Non è prevista una responsabilità penale specifica a livello UE in questo regolamento (salvo che gli Stati membri lo applichino con normative penali proprie), ma trattandosi di regolamento ambientale, sanzioni e provvedimenti amministrativi possono essere molto incisivi.


Focus Italia: autorità competente e particolarità nazionali

A livello UE ogni Stato membro designa una o più autorità competenti per far rispettare il regolamento. In Italia la responsabilità è stata affidata al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF), che ha individuato le proprie strutture operative:

  • ICQRF – L’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari, struttura già nota per i controlli su alimenti e legno, è incaricato di vigilare sulle commodity agroalimentari (olio di palma, soia, caffè, cacao, bovini) e relative catene di fornitura. L’ICQRF ha uffici territoriali e personale specializzato in controlli di tracciabilità, e potrà effettuare ispezioni documentali presso le aziende importatrici/distributrici del settore cleaning che trattano prodotti come cacao (meno rilevante per cleaning), olio di palma (per chimici), soia (chimici) ecc. Nonché potrà prelevare campioni e controllare documentazione doganale.

  • Direzione Generale dell’Economia Montana e delle Foreste (MASAF) – è l’ente di riferimento per il legno e i prodotti derivati (carta, cellulosa). In pratica, i Carabinieri Forestali (che operano sotto MASAF per queste materie) avranno competenza sui controlli riguardanti legname, carta e gomma naturale. Infatti, la storica expertise del Corpo Forestale (ora Carabinieri) nel contrastare il legname illegale verrà ora applicata anche all’EUDR. Già durante l’EUTR il Corpo Forestale era l’autorità designata: ci si aspetta continuità e un potenziamento dei controlli anche su gomma, vista la novità.


Il MASAF ha attivato sul proprio sito web una sezione dedicata al Regolamento EUDR. dove pubblica avvisi, documenti di orientamento tradotti e tutorial. Ad esempio, è stato segnalato l’accesso ai video-tutorial della Commissione per l’uso del Sistema Informativo EUDR (registrazione e inserimento delle dichiarazioni). Inoltre, il MASAF ha diffuso la traduzione italiana delle Linee Guida UE (Documento di Orientamento) pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale UE serie C il 12 agosto 2025, che chiariscono molti dettagli applicativi. Le aziende italiane dovrebbero consultare queste fonti ufficiali per interpretare correttamente obblighi specifici.

Quanto alle sanzioni in Italia, si attende un decreto legislativo o atto normativo nazionale che stabilirà nel dettaglio le violazioni e relative sanzioni (amministrative e penali se del caso). Tale atto dovrà adeguarsi ai minimi UE (multa fino almeno al 4% fatturato, ecc.). È presumibile che l’Italia, avendo già un impianto sanzionatorio per il Reg. Legno (D.Lgs. 178/2014), estenderà e modificherà quello per coprire tutte le commodity EUDR. Le imprese italiane dovranno dunque seguire anche gli sviluppi normativi nazionali entro il 2025.

Particolarità del mercato italiano: l’Italia, come consumatore e trasformatore di molte delle commodity interessate, sarà molto coinvolta. Nel cleaning, l’Italia ha leadership in produzione di diversi comparti, quindi molte aziende nostrane dovranno adeguarsi e potrebbero diventare esempi virtuosi. Da notare che l’Italia inizialmente ha sostenuto in sede UE la necessità di qualche semplificazione per le PMI e per evitare eccessivi oneri burocratici, ma il quadro finale richiede comunque compliance anche alle PMI (seppur con 6 mesi di ritardo). Il consiglio per le PMI italiane del cleaning è di non attendere troppo, perché reperire documenti da fornitori esteri può richiedere tempo e negoziazione.


FAQ

D. Quali prodotti del cleaning professionale sono effettivamente coinvolti dall’EUDR?

R. Sono interessati tutti i prodotti del settore che contengono materie prime agricole o forestali note per il rischio deforestazione. In concreto, per il cleaning: articoli in legno (manici, strutture di scope ecc.), articoli in carta o tissue (panni, carta asciugamani, carta igienica), tutto ciò che contiene gomma naturale (guanti in lattice, ruote in gomma, tergivetro), nonché eventuali ingredienti come olio di palma o soia dentro formulati chimici. I macchinari in sé non sono elencati, ma le parti di tali macchinari che rientrano nelle categorie di commodity (es. pneumatici di gomma, parti di legno) sì. Dunque bisogna analizzare la composizione dei prodotti: se includono anche in minima parte legno, gomma, derivati palmisti, ecc., vanno considerati. Prodotti fatti al 100% di materiali sintetici, minerali o riciclati invece non rientrano. Ad esempio, una scopa con manico in metallo e setole in plastica non è soggetta, mentre una scopa con manico in legno lo è (per la parte di legno). Un detergente privo di ingredienti di palma/soia non ricade, mentre uno contenente olio di palma sì.

D. Da quando devo essere conforme al regolamento?

R. La legge è in vigore dal 2023, ma le imprese devono iniziare a rispettarla dal 30 dicembre 2025 (se medio-grandi) o dal 30 giugno 2026 (se piccole o micro). “Essere conformi” significa che a partire da tali date non potrete più immettere sul mercato UE né esportare prodotti regolamentati senza aver svolto la due diligence e presentato la dichiarazione. È importante chiarire che non ci sarà alcuna proroga ulteriore: queste date includono già un’estensione straordinaria di 12 mesi concessa dall’UE. Dunque, entro fine 2025 le grandi aziende del cleaning (e.g. grossi importatori di guanti, produttori di tissue, ecc.) dovranno avere i sistemi a regime. Le PMI hanno 6 mesi in più, ma dovrebbero sfruttare questo margine per apprendere dalle esperienze dei più grandi, non per rimandare all’ultimo. Inoltre, se siete PMI ma fornitori di aziende più grandi, è probabile che queste vi chiedano già prima del 2025 di adeguarvi, per non interrompere la filiera.

D. Come funziona esattamente la due diligence e la dichiarazione da presentare?

R. In pratica, per ogni partita di prodotti (o materie prime) soggetti, l’operatore deve raccogliere una serie di informazioni: tipo di commodity e quantità, paese di produzione e coordinate geografiche precise di dove è stata coltivata/raccolta, dati del fornitore, prove della legalità (licenze) e prove di sostenibilità (assenza di deforestazione). Sulla base di queste informazioni, deve valutare il rischio che ci sia deforestazione illegale o recente. Se ritiene il rischio non trascurabile, deve attuare misure per ridurlo (o astenersi dall’importare). Se il rischio è nullo o trascurabile, può procedere e deve compilare una Dichiarazione di Dovuta Diligenza (DDD) in un portale informatico centralizzato UE. La DDD contiene i dati raccolti e una dichiarazione formale in cui l’operatore "attesta di aver fatto la due diligence e che il prodotto è conforme (deforestation-free e legale)". Questa dichiarazione va presentata (inviata) alle autorità tramite il sistema prima della vendita/importazione. Ad ogni dichiarazione viene assegnato un numero di riferimento univoco. Nel caso di importazioni, questo numero va comunicato in dogana (inserendolo nella dichiarazione di import). Se tutta la procedura è corretta, la merce può entrare; se i controlli rilevano problemi, la merce può essere bloccata o sequestrata. La DDD va conservata dall’azienda per almeno 5 anni e in caso di verifiche dovrà esibirla insieme al dossier di supporto.

D. Se un mio prodotto ha solo una minima parte coperta (es. una vite con guarnizione in gomma naturale), devo fare tutta la trafila?

R. Sì, il regolamento non prevede soglie di de minimis basate sul peso o valore. Anche piccole quantità di commodity rilevanti nel prodotto rendono necessario assicurare la conformità di quella parte. Nel tuo esempio, la guarnizione in gomma è soggetta. In pratica però, se il componente a rischio è molto piccolo, l’azienda può gestire la cosa in modo relativamente semplice: potrebbe raggruppare più pezzi in un’unica dichiarazione (ad esempio, dichiarare periodicamente un certo quantitativo di guarnizioni importate con una singola due diligence cumulativa). Ma formalmente l’obbligo c’è anche per un chilo di gomma. L’unico de minimis implicito riguarda gli imballaggi di supporto (come detto, un pallet o scatola usati per trasportare un altro bene non contano) e i prodotti totalmente riciclati. Quindi se la componente è riciclata (es. gomma riciclata), allora non rientra.

D. I materiali certificati (FSC, PEFC, RSPO ecc.) bastano per essere in regola?

R. No, le certificazioni volontarie da sole non esonerano dall’EUDR, perché la legge richiede comunque all’operatore di fare la sua valutazione indipendente. Tuttavia, le certificazioni sono utilissime come strumento di mitigazione del rischio. Ad esempio, se il tuo fornitore di carta è certificato FSC, potrai usare questo fatto nella tua analisi per concludere che il rischio di deforestazione è basso (specialmente se la certificazione è FSC 100% o FSC Controlled Wood che esclude legno da deforestazione). Attenzione però: dovrai comunque ottenere dal fornitore le informazioni precise (es. luoghi di raccolta) perché la certificazione di solito non fornisce i dati di geolocalizzazione richiesti dall’EUDR. Per l’olio di palma, uno schema come RSPO può dare garanzie su deforestation-free, ma anche lì serve verificare che copra la catena al 100%. Quindi, consigliamo di utilizzare fornitori certificati poiché semplificano il lavoro (ad es. meno probabilità di fonte illegale), ma dovrai comunque compilare la dichiarazione e includere i dati richiesti. Le autorità europee valuteranno positivamente la presenza di certificazioni come parte del tuo dossier di due diligence, ma se poi emerge che nonostante la certificazione c’è stata deforestazione (è successo in passato in qualche caso), sarai comunque responsabile. In sintesi: certificazione = utile, ma non “passaporto automatico”.

D. Cosa succede se un prodotto è fabbricato interamente con materiale riciclato o di recupero?

R. In tal caso il regolamento non si applica. Prodotti fatti al 100% di materiale che ha completato il ciclo di utilizzo e sarebbe altrimenti smaltito come rifiuto sono esclusi. Ad esempio, carta ottenuta da carta da macero, oppure pannelli di truciolato interamente da legno riciclato, oppure gomma ottenuta da pneumatici fuori uso, non richiedono due diligence perché non incentivano nuova deforestazione. Attenzione: se è una miscela di nuovo e riciclato, allora la parte nuova è coperta. Ma il produttore/importatore può in questi casi dichiarare (con evidenze) che il contenuto è 100% riciclato, e quindi esente. Molti vedono nel riciclo una strategia per bypassare i vincoli EUDR, almeno parzialmente. È vero, il regolamento vuole favorire l’economia circolare; però assicurati che “riciclato” sia documentabile (potrebbero chiederti prove che quel materiale proviene davvero da rifiuti pre-consumo o post-consumo e non da materia prima vergine). Esiste anche un marchio FSC Recycled per la carta, che è un buon indicatore.

D. Chi vigilerà sul rispetto dell’EUDR in Italia e quali sono le conseguenze se non rispetto la legge?

R. Come spiegato, in Italia le autorità sono il MASAF tramite ICQRF e Carabinieri Forestali. Effettueranno controlli incrociati: da un lato, controlli doganali sulle importazioni (in cooperazione con Agenzia delle Dogane), dall’altro controlli presso le aziende (verifiche documentali e ispettive). Se non rispetti la legge, le conseguenze sono gravi:

  • Il prodotto non conforme può essere sequestrato e tolto dal commercio immediatamente.

  • L’azienda può subire multe molto elevate, che per violazioni serie possono arrivare a somme pari ad almeno il 4% del fatturato annuo. Ad esempio, se la tua azienda fattura 2 milioni €, rischi fino a 80.000 € (o più) di multa per aver importato merce non conforme o per non aver presentato la DDD.

  • In caso di ripetute violazioni, possono sospendere la tua attività di importazione/vendita di quei prodotti per fino a un anno. Questo sarebbe disastroso se il tuo business dipende da quei prodotti.

  • Inoltre sarai inserito in un registro pubblico delle infrazioni consultabile online, il che può danneggiare la reputazione presso clienti e partner (un po’ come una “lista nera”).

  • Non ultimo, se falsificassi informazioni o aggirassi intenzionalmente la legge, potrebbero scattare anche denunce penali per frode commerciale o reati affini secondo il diritto nazionale.

Vale la pena notare che le autorità non mirano a punire errori formali in buona fede: se ad esempio hai commesso un lieve errore nella coordinata ma il materiale è ok, probabilmente ti chiederanno di correggere senza sanzione. L’approccio sanzionatorio sarà concentrato su chi non effettua la due diligence o immette deliberatamente prodotti illegali. Quindi la cosa più importante è impegnarsi seriamente nel sistema. Se dimostri di aver fatto tutto il possibile per conformarti (anche attraverso documentazione), avrai anche modo di difenderti meglio in caso di contestazioni. Invece l’inazione o la negligenza saranno difficili da giustificare.

D. L’EUDR vale solo per le importazioni extra-UE o anche per prodotti interamente italiani/europei?

R. Vale per tutti i prodotti elencati, indipendentemente dall’origine. Ciò significa che anche se compri legna tagliata in Italia o in un altro paese UE, deve comunque essere “deforestation-free” (nessun bosco europeo è stato disboscato illegalmente o convertito dopo il 2020 per produrla). Certo, all’interno dell’UE i rischi di deforestazione illegale sono inferiori e i controlli statali esistono: infatti molti paesi UE saranno classificati a basso rischio. In tal caso, la due diligence si semplifica (puoi presumere rischio trascurabile, ma devi sempre presentare la dichiarazione a sistema). Quindi se operi solo su materie prime italiane/europee, l’onere è minore ma non zero: devi comunque raccogliere qualche evidenza (es. documenti forestali) e fare la dichiarazione. Per le esportazioni fuori UE: anche quando vendi fuori dall’Unione prodotti EUDR, devi compilare la dichiarazione. L’UE infatti vuole evitare di esportare deforestazione altrove. Quindi un produttore italiano che spedisce pallets di legno o cuoio fuori UE deve fare due diligence come se li mettesse sul mercato interno.

D. Ci saranno aiuti o strumenti per aiutare le imprese ad adeguarsi?

R. A livello UE si parla di istituire un “Osservatorio sulla deforestazione” che fornirà mappe satellitari gratuite e dati utili alle aziende per verificare le coordinate. Inoltre l’UE ha lanciato un “Multi-Stakeholder Platform” in cui aziende, ONG e Stati si scambiano best practice. A livello italiano, come accennato, le associazioni di categoria stanno organizzandosi con seminari. Non si escludono finanziamenti o incentivi per la digitalizzazione delle filiere (per gestire la tracciabilità) o per la certificazione forestale. Ad esempio, potrebbero essere attivati fondi per aiutare i piccoli importatori ad usare strumenti di monitoraggio satellitare. Nel breve termine, però, l’“aiuto” principale è il supporto tecnico: vi sono società di consulenza e certificazione (anche diverse con accreditamento ufficiale) che offrono servizi per impostare la due diligence e formare il personale. Dato che la conformità EUDR diventerà un requisito di accesso al mercato, investire in questi aspetti è fortemente consigliato.

D. Ci sono particolarità per l’Italia da tenere presenti?

R. Oltre a quanto già detto sul ruolo di MASAF e ICQRF, un punto da sottolineare è che l’Italia ha una certa frammentazione nella filiera del cleaning (molte PMI distributrici). Queste micro e piccole imprese dovranno fare rete e riferirsi magari a importatori più grandi o consorzi per gestire la compliance. Dal lato normativo, attendiamo il decreto sanzioni italiano per capire ad esempio se verranno previste sanzioni penali (possibile reclusione per chi falsifica le dichiarazioni?) o solo amministrative. Un’altra particolarità: il Decreto “Fit for 55” italiano ha introdotto l’obbligo dal 2023 per le imprese oltre 250 dipendenti di rendicontare l’impronta ambientale nelle relazioni non finanziarie, e cita anche la deforestazione. Quindi le grandi imprese dovranno nei bilanci di sostenibilità menzionare come affrontano il rischio deforestazione. Questo si collega con l’EUDR e spingerà le aziende più grandi (anche nel cleaning) ad essere trasparenti. Infine, ricordiamo che l’Italia come Paese partecipa attivamente ai tavoli tecnici UE sull’EUDR: eventuali dubbi interpretativi possono essere chiariti tramite Q&A ufficiali. È buona pratica monitorare il sito della Commissione e del MASAF per gli aggiornamenti e le FAQ ufficiali che saranno rilasciate.

D. Cosa devo fare ora, in pratica, per prepararmi all’EUDR?

R. Agire subito sui punti chiave:

  • Informarsi e formarsi: leggere il testo del Regolamento, lo Guidance Document della Commissione e partecipare a webinar. Coinvolgere i propri legali/regolatori.

  • Fare una gap analysis interna: capire quali prodotti sono a rischio e dove mancano info.

  • Contattare fornitori: inviare questionari EUDR ai fornitori critici, iniziare a valutare chi è collaborativo e chi no.

  • Valutare soluzioni digitali: esistono software per la tracciabilità e la compilazione delle dichiarazioni; valutare di adottarne uno se il volume di dati è grande.

  • Considerare certificazioni: se importi legno, potresti aderire a schemi di dovuta diligenza esistenti (per il legno c’era Conlegno come monitoraggio EUTR; vedremo se nasceranno Monitoring Organizations riconosciute per EUDR). Anche ottenere certificazioni di catena di custodia (FSC, PEFC, ecc.) in azienda può facilitare i controlli.

  • Pianificare risorse: prevedere budget per eventuali nuove assunzioni/consulenze in ambito sostenibilità o legale per gestire l’EUDR. Meglio investire in prevenzione che pagare sanzioni dopo.

  • Comunicare nella filiera: informare i tuoi clienti più importanti che ti stai adeguando e chiedere se hanno requisiti particolari. Questo rafforza la fiducia e allineamento (ad es. grandi clienti internazionali potrebbero voler vedere la tua policy deforestazione già ora).

In conclusione, il Regolamento 2023/1115 rappresenta una svolta significativa anche per il settore del cleaning professionale: richiede di guardare a monte delle forniture con un’ottica nuova di responsabilità ambientale. Le aziende che si muovono per tempo e in modo trasparente non solo eviteranno sanzioni, ma potranno valorizzare la propria filiera deforestation-free come elemento di qualità e sostenibilità, in linea con i principi dell’economia circolare e della transizione ecologica promossa dall’UE.


 
 

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